Chi vince ha sempre ragione, nonostante ci potrebbe essere qualcosa da obbiettare. L’ Inter fa diciotto, e a sensazione, per la fatidica seconda stella da attaccare sul petto non ci sarà da attendere molti anni.
Il sogno che il Tricolore faccia sosta per dodici mesi nella Capitale è durato solamente pochi minuti. Ci ha pensato il Principe Milito, giocatore dell’ anno, con un guizzo straordinario, a togliere la paura.
E che Ibrahimovic rimanga matato nella corrida spagnola, in una stagione fallimentare per l’ ariete svedese e per i “ blancos “. A Milano hanno saputo fare a meno di lui.
La Storia si ripete, gl’ attori cambiano, gl’ avversari si dannano l’ anima, spendono un fracco di denari e poi capitolano. La fila di allori adesso si allunga considerevolmente, ma forse il bello deve ancora venire.
Che la festa continui. E’ il secondo trofeo in pochi giorni. Una gioia destinata solitamente a chi se la merita e che potrebbe culminare sabato notte nella Storia.
Da italiano e da amante imparziale del pallone gli e lo auguriamo vivamente. E poi, se la dobbiamo dire tutta, i tedeschi non sono mai stati troppo simpatici. Le ambiguità di Obrevo devono essere vendicate.
82 punti in 38 partite, 24 vittorie, 10 patte e 4 perse. Miglior attacco, ( 75 gol ) e miglior difesa ( 34 reti ) del campionato, sono numeri importanti che parlano da se.
Nonostante ciò, come ha ribadito ieri lo SpecialOne, è stato lo Scudetto più arduo della sua carriera. Parole abbastanza sincere e che ci fanno percepire quanto sia difficile stare sopra tutti in Italia.
Il lusitano, oltre gl’ aspetti tecnici, ha il grande pregio di averci creduto nei momenti di “ bonaccia “ quando la sua squadra tornava a casa solamente con un pareggio e le minacce si avvicinavano alle spalle.
Ma più di tutto in due anni è riuscito a far maturare il collettivo che adesso è a un passo dal salire sul tetto continentale.
L’ Inter attuale non è quella di Roberto Mancini, la quale si confrontava con antagonisti falcidiati dai processi di Calciopoli oppure quella delle meste figuruccie nelle serate di Champions League degl’ anni scorsi.
Adesso vince con avversari veri e quindi non esistono scusanti. Barcellona e Chelsea sono quasi il meglio che l’ Europa odierna può proporre a livello di club.
L’ allenatore è stato anche abile ad inserire i nuovi innesti, a tenere la tensione su tutti i fronti, ad evitare i fuorvianti, ed ha imparato nel finale della stagione a parlare poco. Un silenzio opportuno onde evitare le pressioni dei media che avrebbero danneggiato la società e che potevano metterlo a rischio di tenerlo fuori ulteriormente, rinunciando così ad un ruolo di provocatore, di critico pungente, di comunicatore, che è poi nel suo dna.
Nel giorno dell’ ennesimo trionfo il ringraziamento va come di consueto a tutti: dal Patron che continua a spendere a dismisura, agli zelanti dirigenti, al magazziniere, ai titolari e le riserve, al raccattapalle di turno, ma ci sono due figure chiave del gioco di Mourinho e che si elevano più di altre.
Il primo è Milito. Goleador di razza che ha trovato la sua massima espressione nell’ attacco interista. E il secondo è il tulipano Sneijder. Riserva di lusso a Madrid, è stato il perno della creatività a centrocampo, l’ uomo dell’ ultimo passaggio, regalando precisi e talvolta raffinati assist.
Un jolly moderno che ha saputo dettare il movimento offensivo della squadra. Josè Mourinho, lo aveva fortemente voluto, anche di fronte alle perplessità di Moratti e invece si è rilevato un acquisto azzeccato. I successi si costruiscono anche con le intuizioni giuste……
Inoltre, il portoghese, ha dispensato umiltà sia tattica che personale a tutta la rosa, la quale ha qualche bizzosa primadonna, vedi Balotelli, e comunque giocatori di forte influenza nello spogliatoio. Un rapporto che con i precedenti allenatori è stato frequentemente messo in discussione ma che invece il portoghese è riuscito a dominare.
Mourinho come Herrera ? Difficile dirlo. I tempi sono diversi, gl’ atleti pure, ma non è del tutto escluso che alcune analogie le potremmo rintracciare nella personalità. Certo è che quello di allora era un calcio molto dissimile……
A confronto degl’ altri titoli, l’ Inter stavolta ha avuto qualche “ aiuto “ fondamentale.
In primis un po’ di fortuna. Ma si sa che la Dea bendata sostiene gl’ audaci…….. come nel sorteggio di Nyon che nei quarti di Champions gli ha offerto il club più comodo e debole del tabellone, e che gli ha dato la possibilità di risparmiare forze ed energie mentali per i turni successivi.
E poi il successo all’ Olimpico contro “ l’ assente “ Lazio a poche giornate dalla fine. Una macchia oscura, da sollevare sospetti di “ combine “ anche in considerazione dei rapporti che legano le due società, che senza di essa forse non le avrebbe consentito di trionfare. E’ stato lampante il pochissimo impegno dei biancocelesti, un comportamento da sottoporre immediatamente ad un eventuale indagine sportiva.
“ Grazie Roma che ci fai piangere e abbracciarci ancora………..( A. Venditti )…..
Grazie al rinato Claudio Ranieri che si è tolto numerosi sassolini dalle scarpe e che ha tenuto in fibrillazione il campionato fino al novantesimo dell’ ultima giornata.
Senza l’ incessante lavoro del trainer romano, con una Juve vergognosamente in declino, un Milan altalenante, una Fiorentina da metà classifica, una spenta Lazio e il simpatico Palermo quasi a quota Champions, questo torneo in attesa dei Mondiali sarebbe stato già scritto fin dall’ inizio e pertanto di una noia mortale sul fattore delle emozioni.
Ma i giallorossi, per quanto abbiano dato il cuore, sono inferiori all’ Inter sia economicamente che sul piano delle potenzialità calcistiche.
Eterni secondi. Ed è forse questo il loro Destino. Come due anni fà. La differenza dei soldi di Moratti con la famiglia Sensi è troppo grande per tentare di colmare il divario.
La rincorsa è stata fantastica, il momentaneo sorpasso anche, però è ineccepibile la leggera deficienza di un certo equilibrio mentale in alcune gare perse o pareggiate e che sicuramente potevano essere evitate. L’ esempio più evidente è la sconfitta sul proprio campo nella finale della Tim Cup.
La Lupa ha detto addio allo scudetto con l’ inaspettato 0-2 interno contro la Sampdoria, ma è stato pure decisivo un avvio traballante quando sulla panchina sedeva ancora Luciano Spalletti. A questa Inter non si possone regalare troppi punti e opportunità.
Se la Roma risolverà i problemi societari in tempi brevi e continuerà a correre su questi ritmi, con qualche ingaggio di peso e mirato il prossimo anno potrebbe farcela.
Ma l’ impresa giallorossa resta comunque epica, storica, ineguagliabile e da scroscianti applausi.
E non è per niente banale sottolineare che sono i vincitori morali dello Scudetto.
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