
Indubbiamente con la morte di Billy Preston se ne va un piccolo pezzo della musica pop, forse quella che era la più genuina prima di divenire un grande showbusiness e un esaltazione di divismo.
Proveniva dal gospel ed era la sua vera vocazione Lo aveva studiato e cantato fin da bambino per poi divenire un soul man, i quali venivano soprannominati i negri sorridenti : Sammy Davis, Quincy Jones, Ray Charles e Aretha Franklin……
Resta memorabile la perfomance di Preston insieme a questi ultimi due in un concerto datato 1973 e che venne dato alle stampe sotto il nome di Live at Fillmore West in San Francisco.
Un disco di rivisitazione di standard come Respect di Otis Redding, Eleanor Rigby, Bridge over troubled water, Make it with you, completamente stravolti fino a renderli quasi irriconoscibili dagl?originali, con le acrobazie vocali della Regina del Soul e un Ray Charles in piena forma non ancora del tutto commercializzato e imborghesito. Ma Preston non ha avuto la loro stessa fortuna, anche se da single ha ottenuto diversi successi e un Grammy Awards.
Non è da dimenticare la melodiosa ” You are so beatiful ” che grazie alla strepitosa e roca voce di Joe Cocker riuscì a salire tutte le hit parade mondiali.
L’ ndole di questo musicista era quello di fare il session man di prestigio che gli consentiva di mettere a servizio il suo talento, i leggeri virtuosismi e lo dimostrano le tantissime e importanti collaborazioni che ha avuto nel corso della sua carriera, grazie a quella innata versatilità di saper arrangiare con più strumenti. Il vecchio Billy, va detto che non si è mai imposto completamente come autore e pianificatore della sua parabola artistica.
Di fatto era un pianista, precursore degl?organi Hammond o dei più brillanti Piano Fender, ma non disdegnava di cimentarsi con classe al clarinetto.
Negl’ anni sessanta e settanta le tastiere riuscivano a dare un sound più rythim and blues ai bianchi europei o americani e a quel filone della West Coast, ma sopratutto nel delicato passaggio di trasformazione dalla beat generation.
Il rythim and blues nero ha avuto il grande merito di esplicare con immediatezza l’ estrazione sociale da cui proveniva, cosa che il rock nonostante i successi planetari invece non è invece riuscito a fare.
Billy Preston fa parte di quella schiera di musicisti come Ian Stewart, oppure il bravissimo Nicky Hopkins, che fin dai tempi di Atfermath hanno collaborato con gli Stones, Eric Clapton, Bob Dylan e i grandi esecutori che hanno fatto la Storia del Pop, ma che dal lato puramente tecnico non hanno avuto una grandiosa evoluzione e rinnovamento nell?uso delle tastiere che suonavano.
Questo texano di Houston, spesso sul palco con giacche di fronzoli a cow boy che facevano moda all’ epoca, non fu mai il quinto Beatles e neanche il sesto Stones, nonostante le leggende e le dicerie popolari rockettare vogliano far credere. Il suo apporto ai Fab Four è stato certamente notevole, soprattutto nel bellissimo e doppio White Album, forse il disco più creativo del quartetto inglese e se il popolo del pop ricorda il canto del cigno di ” Let it be ” oppure la galoppante ” Get Back “, molto era caratterizzato dalla particolare amicizia che lo legava a George Harrison, in cui si ritrovavano delle similitudini anche ideologiche e concettuali.
Non a caso dopo lo scioglimento partecipò e promosse la storica esibizione a favore delle popolazioni nel Bangladesh per poi partecipare nuovamente dopo alcuni lustri al tributo collettivo nel momento della morte.
L’ accredito di presentazione del 45 giri di Get Back venne firmato The Beatles and Billy Preston come il famoso ed ultimo concerto sul tetto che li vide assieme, un avvenimento eccezionale che venne inserito anche in un film, ma probabilmente era un riconoscimento e niente di più a quello che oramai era un finale già scritto.
Non di rado tra i musicisti di supporto nascevano polemiche sugl’ oneri, i quali erano ben diversi da quelli che incassavano tra chi aveva il nome e usufruiva dei diritti d?autore e chi invece era solamente un aggiunto e compariva nei credits dell’ incisione. Paul, Ringo, George e John diventarono tutti miliardari, Billy probabilmente un pò meno……
Ma la vera forza di Preston è stato il saper cavalcare la corrente di quello straordinario periodo, di sapersi integrare alla perfezione e di essere un poliedrico con il gusto dell’ adattamento a qualsiasi ruolo che gli veniva chiesto. Infatti riuscì anche ad accostarsi a chi interpretava la musica come un esempio e un modo di fare ribellione. Il suo apporto agli Stones venne giudicato da alcuni critici pignoli un tradimento, ma anche qui era solo la voglia di fare nuove esperienze o comunque chi gli offriva lavoro. Il sapersi farsi affittare era una delle sue maggiori virtù, sapendo di avere una capacità artistica di contorno che pochi altri osavano mettere sul palco e negli studi di registrazione.
L’ influenza sugli Stones comunque risultò meno penetrante rispetto a quella dei Beatles e partecipò ad un solo disco con un World Tour, e nei brani eseguiti spicca quel filo di piano che riesce a districarsi tra gl’ horns indemoniati e le alternanze delle steel guitars di Keith Richard e Mick Taylor nell?ossessiva Doo, Doo, Doo – Hearthbreaker, che diventerà un inno insieme alla suadente e dolce amara Angie e la ritmata Miss You.
Purtroppo non sono state tutte rose e fiori: storie di droga, carcere, frode hanno segnato fortemente la sua vita per poi cercare di rinascere ogni qualvolta, tornando a uno dei suoi tanti amici che si era costruito strada facendo, come recentemente i Red Hot Chilly Peppers oppure Jovanotti.
Ci ha lasciati alla soglia dei 60 anni, malato da tempo, in un età dove ancora avrebbe potuto dare molto alla musica e a quel mondo, ma una vita sgretolata lo ha costretto ad uscire lentamente di scena.
Se pensiamo a Steve Wonder, Ray Charles, istrioni della musica internazionale della sua generazione, Billy Preston ha ricevuto molto meno di quanto avrebbe sicuramente meritato.
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Riferimenti: Preston Billy, session man.