Moria, quel campo senza futuro.

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MSF ci dice che sono oltre dodicimila i profughi in questo campo immerso in una dolce valle di uliveti  a pochi chilometri dal capoluogo Mitilene dove il mare estremamente cristallino che circonda l’  isola è certamente uno dei più belli dell’ Egeo Settentrionale.

Sostanzialmente Moria Hotspot, una ex base militare, non ha niente  di similare con Lampedusa. Ci lamentiamo dei nostri centri di accoglienza ma qui è tutto più drastico, più lager, più caserma, maggiormente sporco e anche approssimativo dove l’ organizzazione greca mette in evidenza molte falle nonostante l’ opera continua delle ONG.

Questo campo creato alcuni anni addietro oggi sta segnando il passo a causa di un immobilismo politico sia locale ma sopratutto europeo ed è andato avanti con  inerzia poiché essenzialmente nessuno vuole questa gente la cui stragrande maggioranza di rifugiati provengono da luoghi di conflitto come la Siria, l’ Afghanistan e l’ Iraq  intanto che è gonfiato a dismisura. Il centro sta creando numerosi problemi alla popolazione locale e alla stessa costruzione che venne concepita allora in maniera troppo superficiale con la utopica  fiducia che il problema sarebbe finito presto. Anche logisticamente è andato ” fuori  rotta ” poiché i rifugiati dentro l’ uliveto non hanno accesso all’elettricità o alle prime strutture sanitarie.

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D’ altra parte la Grecia ha attraversato negl’ ultimi anni una crisi  economica, lavorativa, politica e sociale non indifferente, rischiando un pericoloso default e pertanto ha dovuto, nonostante gli sforzi, ” piegarsi ” alle direttive dell’ Unione Europea sia per mantenere lo status quo di membro e gli stessi aiuti finanziari che l’ hanno almeno in parte risollevata.

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Avendo un arcipelago vasto e composto di tante isole  la rende molto fragile ed esposta. essendo vicina alle coste di diversi paesi dell area mediterranea tra cui la Turchia il quale accordo sostanzialmente non ha per niente funzionato sulle questioni migratorie dopo gl’ avvenimenti di Idomeni  del 2016 perché lo stesso Presidente Tayyp Erdogan ha mancato diverse promesse come il ricollocamento dei rifugiati sulla rotta balcanica che si è fermato a neanche mille unità nonostante i soldi incassati dall’ Europa e come le decine di infrastrutture che dovevano essere costruite e quasi mai iniziate.

Il controverso accordo non è mai piaciuto fin dall’ inizio. Erdogan resta un dittatore moderno ma crudele, molto astuto e altamente volubile. Un oscuro parafulmine del terrorismo.

Sono tantissimi gli scettici (tra cui diverse associazioni umanitarie) rilevano invece come la salvaguardia dei diritti umani e civili in Turchia sia ancora carente e che una futura adesione europea  non porterebbe frutti positivi alle questioni umanitarie che lascia la Turchia fuori dalla Comunità prima ancora di esserci entrata.

In pratica si sono fermati quei piccoli progressi durati decenni se non ci saranno notevoli sforzi da parte del paese alle porte del Medio Oriente.

Moria rimane un campo senza speranza nè futuro. Basta parlare con alcuni rifugiati e quasi tutti dicono che il passaggio sulla rotta balcanica è avvenuto tramite la vicina Turchia dove hanno pagato un prezzo altissimo per arrivare fin qua e il sogno di una vita migliore adesso si sta fermando per la burocrazia e mancanza di protezione in cui la luce mediatica di questa isola si  è quasi spenta. Le pratiche dei richiedenti asilo restano ferme per oltre un anno e mezzo prima di essere almeno guardate.

E’ di oggi pomeriggio dopo che ero andato via la ripresa del caos e dell’ odio. Due morti tra cui un bambino, cinque feriti, container incendiati, violente risse con la polizia, un tentato suicidio. Tensione e violenza hanno ripreso improvvisamente dopo una falsa quiete durata lunghi mesi mettendo ancora una volta in evidenza una situazione insostenibile in cui l’ essere umano viene trattato quasi come una bestia.

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